Basta che sia sport

C’è chi lo pratica in modo agonistico, chi per puro divertimento e ne apprezza il lato ludico, chi è costretto a farlo per mantenere o migliorare lo stato di salute e chi invece non lo ha mai fatto ma ne riconosce la potenza emotiva e la capacità di facilitare l’aggregazione e la socialità. 

Ognuno ha il suo modo di interpretare e vivere lo sport che, nonostante sia spesso oggetto di critiche ed eventi discutibili, nella sua accezione più autentica rappresenta una palestra di vita, un modello educativo di valori come rispetto, disciplina, senso di appartenenza, collaborazione, sano spirito di competizione, autostima, motivazione e costanza

Basta che sia sport

In ogni sport, sia esso individuale che di gruppo, si costruiscono delle relazioni umane che vanno ad arricchire il singolo. Quello che cambia è la modalità di apprendimento e di approccio mentale. Collaborazione, senso di appartenenza a un gruppo e spirito di competizione sono coltivati ed accresciuti con la pratica di uno sport di squadra, lo sport singolo invece sviluppa senso di responsabilità, disciplina, competizione con sé stessi e riconoscimento dei propri limiti

In entrambi i casi, già in età infantile e poi in quella adolescenziale, lo sport assume un’importanza rilevante nella formazione dei giovani oltre che essere un grande strumento di inclusione.

Ma come si sceglie tra uno sport individuale e uno di squadra?

Soprattutto tra i più piccoli, non è una decisione consapevole, ma è generalmente influenzata da fattori ambientali, esigenze fisiche o molto frequentemente dal desiderio di condividere con gli amici momenti di svago fuori dall’ambito scolastico. L’orientamento della giusta disciplina da praticare dovrebbe invece presupporre la conoscenza delle attitudini della persona e soprattutto la corretta valutazione delle sue predisposizioni e insicurezze. Ad esempio, una persona timida o ansiosa, che teme il giudizio e il confronto con gli atri dovrebbe orientarsi verso uno sport di squadra. Diversamente per un soggetto irruento e iperattivo è preferibile un’attività individuale. 

La pratica di uno sport, infatti, ha un grande peso sullo sviluppo personale: è un processo tramite il quale le persone scoprono o perfezionano le proprie potenzialità e forze, uno spazio in cui la persona inizia a lavorare per un obiettivo. 

Nella puntata del “Salotto di Antsy” di questa settimana ho raccontato di come il gioco di squadra abbia contribuito alla mia formazione e quanto quello che ho imparato sul campo mi sia utile nella vita personale e lavorativa. Ho praticato la pallavolo per tantissimi anni, in società dilettantistiche ma anche professionistiche, militando in campionati di B1 e C e ho avuto il privilegio di indossare la maglia azzurra in nazionale juniores. A 14 anni ho fatto l’esperienza sportiva più bella della mia vita: sono andata a giocare in una società che aveva costruito una squadra con l’obiettivo di vincere il titolo regionale under 16. Mi allenavo quattro volte a settimana per due ore e per raggiungere la palestra impiegavo un’ora di macchina. Partivo da casa a metà pomeriggio per rientrare dopo cena e durante il viaggio facevo i compiti. Ho rinunciato spesso a studiare con i miei compagni di classe, alle uscite il sabato sera, la discoteca, i compleanni, le gite. Quel titolo regionale è arrivato e con esso anche il terzo posto alle Nazionali. Di quegli anni ho ricordi contrastanti: il sacrificio, il sudore, il dolore fisico, le lacrime, ma anche i sorrisi, la gioia, la complicità, l’emozione di aver raggiunto assieme alla mia squadra traguardi importanti per i quali avevamo lavorato duro. 

Lo sport per me è sinonimo di squadra, atleti chiamati a raggiungere insieme un obiettivo chiaro, a condividere un metodo di gioco consapevole e con ruoli ben definiti. La pallavolo mi ha insegnato a sentirmi quel pezzo di puzzle fondamentale e complementare in un team, ha fatto crescere la fiducia in me stessa e nelle mie compagne. Condividere con loro tutte le mie emozioni, sul campo e fuori dai palazzetti, mi ha permesso di sperimentare lo spirito di squadra e di comprendere quanto il valore del gruppo sia molto di più della somma dei singoli, nella vita come nel mondo del lavoro. Perché ovunque c’è un leader (allenatore) che deve motivare un gruppo di persone (giocatori) dotati di talenti e difetti; ovunque c’è un obiettivo da raggiungere (la vittoria) e un percorso da fare (gioco) per arrivarci. 

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