Sentiamo parlare molto spesso di dipendenza affettiva nella nostra società, al giorno d’oggi un campo molto in voga in termini di divulgazione di informazioni che precedentemente non venivano poi cosi diffuse ha cominciato a farsi spazio tra di noi, grazie anche ai nuovi mezzi di comunicazione, vedi per esempio tramite i vari social network, una gran bella fetta di persone attraverso il contenuto di questi molto spesso si è accorto anche di farne parte. Di quella che viene chiamata dipendenza affettiva ancora non ne abbiamo il pieno riconoscimento come le altre dipendenze ormai collaudate, le dipendenze da sostanze, gioco d’azzardo, che nell’ultima versione del DSM-5, manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, vengono incluse in unica categoria nominata ‘’disturbo da uso di sostanze’’, con la sotto-classificazione, lieve, moderato e grave.
Per dare una definizione di dipendenza, possiamo dire che si intende una forma morbosa caratterizzata dall’uso distorto o comunque non consono di una sostanza, oggetto o comportamento. Come precedentemente anticipato la dipendenza affettiva non viene ancora classificata come patologia si cerca di farla rientrare nei vari disturbi complessi, fa parte di quella categoria chiamata ‘’nuove dipendenze’’ (dove ritroviamo anche la dipendenza da nuove tecnologie, shopping compulsivo, dipendenza da lavoro, dipendenza da attività fisica e ortoressia, dipendenza da una sana alimentazione) rientra in processi simili alla tossicodipendenza ma non è causata dall’utilizzo di sostanze di abuso.
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La dipendenza affettiva, è una modalità insana di vivere una relazione in cui la persona dipende tipicamente dall’altro, negando i propri bisogni, rinunciando al proprio spazio vitale pur di non perdere il partner e tende a considerare il partner l’unica e sola fonte di gratificazione nonché fonte di amore e cura.
E’ dunque definito come un amore ossessivo, simbiotico, fusionale, che viene vissuto alla stregua di una droga appunto, per il quale molto spesso si sacrifica qualsiasi spinta evolutiva di cambiamento e qualsiasi altra forma di gratificazione.
‘’Dipendo dall’altro, verso il quale è rivolta la mia forza e potenza affettiva.’’
Coinvolge spesso uno dei due partner, altrimenti nel caso in cui la dipendenza si verifichi da entrambi le parti si chiamerebbe co-dipendenza affettiva, che comunque non è da escludere, e si andrebbe ad addossarli una connotazione di relazione salvifica, dove l’altro guarirà grazie al proprio intervento. Nella dipendenza affettiva invece abbiamo il legame di dipendenza dal partner dove i sentimenti che prevalgono sono la paura di un eventuale separazione o abbandono, perché teme di non essere in grado di sopravvivere autonomamente e rivive paure e angosce dei primi traumi infantili per esempio, tanto che il dipendente affettivo ha bisogno di sentirsi necessario per sentirsi amato e di controllare il partner.
La linea è sottile, superata una primissima fase iniziale dove la maggior parte delle coppie vivono una situazione di simbiosi dovuta all’innamoramento, i segni e sintomi della dipendenza affettiva si riconoscono proprio perché simili ad altri tipi di dipendenze comportamentali, includono: l’ebrezza ed euforia sperimentata in seguito alla reazione del partner rispetto ai propri comportamenti, alla sua presenza accanto; tolleranza, quindi il bisogno costante di aumentare la quantità di tempo da trascorrere insieme in compagnia del proprio partner, riducendo sempre più il tempo autonomo proprio e dell’altro, nonché l’assenza della persona da cui si dipende porta ad uno stato di prostrazione e disperazione che può essere consolato solo dalla sua presenza concreta e materiale, infine la perdita di controllo dovuta all’incapacità di rimanere lucidi sulla propria situazione e controllare i propri comportamenti.
Come riconoscerla quindi? Dalle emozioni che si prova e sperimenta nei confronti dell’altro e della relazione, se c’è tensione, inquietudine, paura, la stima di sé dipende dall’approvazione dell’altro, controllo, poca lucidità sulle conseguenze negative che questa sta portando, allora forse la soglia è stata varcata.
Si può ovviamente tornare indietro da questa situazione, rivolgendosi per esempio ad un professionista se si accorge di non reggere più né psicologicamente, né fisicamente la situazione, per andare a lavorare su temi come l’autostima, l’autonomia, nonché una minuziosa elaborazione di possibili ferite emotive derivanti dall’infanzia e non solo.
E’ necessario mettere un punto laddove il vivere quotidiano diventa più faticoso del previsto nonché intriso di emozioni negative piuttosto che quelle positive e sane che una relazione dovrebbe fornire.
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